I Vinili che ogni audiofilo deve possedere (secondo noi) – Ottava parte

Dopo la pausa per le Feste, riprende la nostra guida ai vinili più belli da avere e collezionare, perché chi l’ha detto che a gennaio non ci si può fare un bel regalo?

36 Pavement – Slanted and Enchanted

Pavement - Slanted and Enchanted

“Penso che Slanted and Enchanted sia il miglior album che abbiamo mai inciso, a causa del fatto che è il più inconsapevole e gli gira intorno un’energia irripetibile.” – Stephen Malkmus.

Istigatori del movimento indie underground degli anni Novanta, I Pavement sono una delle band che passò sotto il radar della musica degli anni 90 che era pesante su TRL ma leggera nella sostanza. Eccentrica nel modo in cui si vuole che una rock band sia eccentrica, l’album sembra il tipo di produzione low – fi che si otterrebbe registrando l’album nella cantina del tuo ex batterista hippie con pochissima attrezzatura che, guarda caso, è esattamente quello che fecero i Pavement.
Bassa tecnologia, costi ridotti, il rock degli anni Novanta che ci fa venire nostalgia per i giorni in cui il digitale era soltanto un pixel di Mario Bros.

37 Pink Floyd – The Dark Side of the Moon

Pink Floyd - The Dark Side of the Moon

Cosa si può scrivere su The Dark Side of the moon che non sia stato già scritto? Quali elementi si possono mettere in luce che potrebbero all’improvviso convincervi della sua grandezza e che non siano già stati sottolineati un milione di volte prima d’ora? Come si può amare il vinile e non avere quest’album nella propria collezione?
Non c’è niente da dire, è semplicemente The Dark Side of the Moon.

38 – Portishead – Third

portishead-third

“Il tanto atteso ritorno dei Portishead è stato più trionfante di quanto nessuno avrebbe mai potuto sperare – Dummy e Portishead erano entrambi grandiosi, ma questo lavoro è qualcosa di completamente diverso.
Dopo essersi liberato dalle proprie insicurezze e dall’ossessivo perfezionismo che lo aveva paralizzato per la parte migliore di un decennio, Geoff Barrow creò qualcosa di veramente significativo con Third, un album che che ha attinto da tutto, a partire dalla gentile musica folk attraverso l’influenza dei pionieri elettronici Silver Apples fino a elementi industrial stridenti e abrasivi, per creare un suono che fosse sorprendentemente originale” – Tom Hawking, Flavorwire

39 – R.L. Burnside – Too Bad Jim

RL Burnside - Too Bad Jim

Il musicologo Robert Palmer ha avuto questo da dire su R.L. ed è tutto quello che c’è bisogno di dire …
“Caos, possibilità, caso e fortuna sono i paradigmi primari del blues, naturalmente, e anche un paradigma scientifico del tardo ventesimo secolo. La Teoria del Caos della fisica posteriore alla teoria della relatività ci racconta degli “attrattori strani” – inesplicabili funzioni di massimo ordine che danno una sorta di legame, forma, o dinamica strutturale ai sistemi caotici – e questo modello si applica anche alla musica di R.L.
Il carattere essenziale del blues di R.L. è il caos su ruote; spacca tanto quanto qualsiasi musica sul pianeta se venisse suonata mentre in lungo e in largo si diffondono onde soniche di sesso e caos. Ma tutto questo è basato su un ordine implicito: le profonde strutture ritmiche e melodiche del blues del Nord Missisippi.

40 – Radiohead – Kid A

Radiohead - Kid A

Qualcosa che è stato scritto molto tempo fa, ma che è ancora valido:
“Dopo aver ascoltato le note di apertura di Everything Is in the Right Place” ci si rende conto, con un certo disappunto, che questo non è un album rock. Sono i Radiohead che prendono tutto del genere rock, tutto quello che hanno di se stessi come gruppo, tutto quello che hanno ricevuto dalla stampa, dal marketing e dall’avidità delle etichette, cospargono il cumulo con la benzina e affannosamente danno fuoco a tutto.
Non stavano forzando i limiti della propria musica, stavano completamente tranciando ogni legame con il passato.
La strumentazione è complessa, ispirata da tutto che vada dagli Aphex Twin a Charlie Mingus. I testi sono intenzionalmente criptici (per alcuni testi Yorke ha raccontato di aver ritagliato parole e frasi e averle letteralmente tirate fuori da un cappello) e a volte letteralmente inascoltabili. La combinazione, comunque, cattura non soltanto il mood dell’epoca attuale ma anche di quelle future. In Killing Yourself to Live l’autore Chuck Klosterman descrisse l’album come un “… un’involontaria e inquietante prefigurazione degli attentati dell’ 11 Settembre 2001”.
Non c’è davvero fine a cosa può essere tirato fuori da un album che sembra capovolgere la gerarchia dei bisogni di Maslow sulla sua testa – a partire dall’autorealizzazione – e ficcare il resto delle più elementari necessità nel bidone della spazzatura. L’album non offre spazi su cui rimanere in piedi, niente di concreto a cui aggrapparsi, soltanto pensieri e domande fugaci, ma lo fa con consapevole intenzione.
Kid A fu il tentativo dei Radiohead di raccogliere tutto quello che sapevano sulla musica e di farlo esplodere. Da quando l’album è stato pubblicato non abbiamo fatto altro che scavare tra le macerie in cerca di indizi.”

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