R.I.P. Gregg Allman, leggenda del Blues

Se è vero che le leggende non muoiono mai, il 27 Maggio 2017 è una data come un’altra.

Si potrebbe quindi passare sotto silenzio il fatto che proprio in quella data si sia spento nella sua casa di Savannah, in Georgia, una delle leggende della musica statunitense: Gregg Allman.

Gregg Allman
Gregg Allman

Il Southern Blues: le radici americane secondo gli Allman Brothers

La sua carriera musicale esplose assieme a quella del fratello Duane negli anni Settanta, dopo la fondazione nel 1969 della Allman Brothers Band e la pubblicazione del primo album nello stesso anno . Fin dal principio la band esplorò con trasporto e determinazione nuove frontiere delle possibili commistioni tra rock, folk, jazz e blues, determinando la nascita di un genere musicale completamente nuovo. Il Southern Blues infatti sarebbe stato la possente corrente in cui sarebbero confluite generazioni successive di musicisti in grado di dar voce di uomini bianchi a un genere tradizionalmente e profondamente nero.

La band si rivelò estremamente prolifica, tanto da pubblicare 11 album in studio, l’ultimo dei quali nel 2003: Hittin’ the Note. Ben 16 invece gli album registrati dal vivo, l’ultimo uscito nel 2007: Boston Common 8 – 17- 71 è un album registrato solo tre anni dopo la fondazione della band.

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Allman Brothers Band: una storia segnata dal lutto

I fratelli Allman furono travolti dal successo mentre erano poco più che ventenni, durante il glorioso periodo della rivoluzione culturale che tra gli anni Sessanta e Settanta cambiò per sempre il mondo occidentale.

Come da copione il successo, l’incoscienza giovanile e i continui abusi di sostanze stupefacenti segnarono la vita dei due musicisti e del loro entourage.
Duane Allman morì nel 1971 a causa di un incidente stradale mentre era alla guida della sua Harley Davidson: aveva solo 25 anni.
La tragedia trovò una macabra ripetizione esattamente un anno dopo. A pochi isolati di distanza dal punto in cui Duane Allman aveva perso la vita, morì Berry Oakley, bassista ventiquattrenne della band. Anche Oakley era alla guida della sua motocicletta quando perse la vita.
Nonostante tutto la band rimase in piedi pubblicando un nuovo album già l’anno successivo.
Dopo un lungo periodo di tregua al principio di quest’anno una morte drammatica torna a scuotere la band: il batterista della Allman Brothers Band si è suicidato: aveva la stessa età di Gregg Allman.

In un’intervista rilasciata nel 2010 Allman affermò che la morte di suo fratello fu una perdita davvero tragica, e non soltanto a livello personale. Tra i due, sosteneva Gregg, era Duane quello dotato di maggior genio musicale e talento creativo.

A dimostrazione di quanto fosse profondo il legame tra i due fratelli e di quanto non si fosse affievolito negli anni, Gregg Allman sosteneva di sentire costantemente la presenza di Duane e di essere certo che suo fratello fosse molto orgoglioso del fatto che la band non si fosse sciolta e che lui avesse continuato a fare musica.
Fedele al proprio talento, Allman continuò instancabilmente ad andare in tour fino a che le forze glielo permisero. Poco prima di spegnersi, infatti, era stato costretto ad annullare tutti gli impegni presi per il 2017.

La musica per Gregg Allman: istinto e consapevolezza

Entrato a far parte della Rock and Roll Hall of Fame nel 1995, Gregg Allman comprese in quel frangente di aver seriamente minato la propria salute. In occasione della cerimonia aveva continuato a bere vodka per tutto il tempo e temette seriamente di avere un crollo durante il doveroso discorso di ringraziamento. Aveva già contratto l’epatite C, che lo condusse ad avere un trapianto di fegato nel 2010.

Appena prima dell’operazione riuscì a concludere la registrazione dell’album Low Country Blues che sarebbe stato dato alle stampe nel 2011.
L’album – l’ultimo pubblicato mentre era ancora in vita – nacque dalla collaborazione con un nuovo produttore, T – Bone, che propose ad Allman una serie di brani storici da reinterpretare a suo modo.

Allman dovette abituarsi a ricevere musica in formato digitale e a gestire il flusso continuo di proposte più o meno accettabili che T – Bone gli sottoponeva attingendo a una sconfinata riserva di canzoni. Accettata la sfida, Allman scelse i brani d’istinto, sostenendo che ci siano canzoni con cui un artista entra immediatamente in connessione e verso le quali si possa provare un senso di appartenenza anche senza averle composte.

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Doveva essere vero, dal momento che Allman interpretò in maniera talmente personale i brani di di Low Country Blues da dare l’impressione di aver scritto ogni nota di suo pugno. Alcuni sostengono che l’ultimo album di Allmann sia addirittura il migliore della sua discografia.
Lo stesso bluesman del resto ammise di aver trovato la forma più soddisfacente della propria voce soltanto passati i cinquanta.

The Rolling Stone riservò a quest’ultimo album una recensione colma di ammirazione, ascrivendo la voce di Allman nell’elenco delle migliori voci di tutti i tempi.
Allman fu in grado di coinvolgere l’ascoltatore con un’interpretazione roca, graffiante, carica allo stesso tempo di saggezza, di aspettative e di malinconia.

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