Una notizia comparsa a fine aprile su HiFi Pig ci racconta un altro capitolo in un processo che sembra ormai inarrestabile: lo storico centro di produzione scozzese di Tannoy, uno dei marchi più celebri nel mondo Hi-Fi, verrà chiuso.
Il marchio tuttavia, continuerà ad esistere, ma Music, multinazionale che controlla Tannoy, ha deciso di centralizzare la produzione. Ovviamente in un megastabilimento e ancora più ovviamente in Cina. Il centro di produzione dove è nato il marchio, in Scozia, nel comunicato stampa viene semplicemente liquidato come ridondante, quindi, in pratica superfluo.
Ora, non dilunghiamoci nemmeno sull’impatto che può avere questo sul tessuto sociale: Coatbridge è una città di circa 40.000 abitanti e, in fondo, i dipendenti in esubero sono circa 70 e, sempre secondo il comunicato, si avvierà una trattativa per decidere una strategia di uscita.
Rimane comunque da chiedersi se gli operai dello stabilimento da tre milioni di metri quadrati in cui verranno prodotti i prossimi diffusori saranno all’altezza delle maestranze che svolgevano questo lavoro da anni. Tuttavia una questione rimane.
Una bella sorpresa per chi ha un ordine in sospeso
Sempre secondo il comunicato ricevuto da HiFi Pig, “Following this announcement all sales, order and delivery processes remain unaffected.”. Cioè, “Dopo questo annuncio, tutte le vendite, gli ordini e le spedizioni rimarranno invariate”. Massima solidarietà a chi ha prenotato un prodotto made in UK e si vedrà recapitare un prodotto Made in China.
Tannoy è solo l’ultimo di una serie di marchi illustri che, dopo acquisizioni più o meno felici, vedono la loro catena produttiva trasferita in qualche stabilimento nelle remote province della Cina. Chiunque abbia sentito suonare questi apparecchi sa perfettamente dove sia il problema. Nella migliore delle ipotesi i “nuovi” criteri costruttivi abbassano il livello qualitativo, nella peggiore lo storico marchio diventa un eccezionale specchio per le allodole da incollare su qualsiasi apparecchio a basso costo, da rivendere in qualche grande magazzino come prodotto “di fascia alta”.
Che dire? Auguriamoci solo che i marchi che resistono… continuino a farlo.
NdR: Non abbiatene a male, non abbiamo nulla contro Tannoy, un marchio che ha fatto la storia dell’alta fedeltà, anzi, forse proprio questo ci rattrista ancora di più…
Semplicemente, fa***lo anche a Tannoy e a chi la controlla. Mossa sicuramente infelice, ma a scopo di lucro. Strizzeranno il limone fino a quando darà succo poi lo getteranno via! Compreremo semmai nel circuito vintage.
Coraggio che esistono ancora dei costruttori di reale valore, non è necessario recuperare le radio della nonna 🙂
sono il fortunato possessore della serie system professional che poi e stata l’ultima zampata leonina prima del declino totale , i cabinets realizzati in economico nobilitato di medite , i prezzi tutto sommato abbordabili e la cura non particolare dal punto di vista estetico nella finitura dei cestelli seppur realizzati in lega pressofusa al posto della lamiera stampata verniciata della precedente serie degli anni 80 , il tutto gia nei lontani anni 90 lasciava intuire che uno storico marchio di un periodo storico per l’hi fi e il professionale era oramai giunto al suo declino , peccato perche la serie system suonava comunque meglio delle porcate digitali dei giorni nostri , nel professionale le stronzate dei monitors near field digitali proprio non si contano ed io mi tengo stretto le mie system 215 e le nearfield system 8 , poiche cambiarle con dei sistemi falsanti moderni e’ una cosa priva di senso per me
Mica ci si guardava allora io ho le Mercury pagate 450 si è price. Che erano made in in China me ne sono accorta dopo. Infatti ho smesso anche di bere i loro “cubalibre” e tifo Tibet