Di chi è la musica che compriamo?

Proprietà intellettuale, proprietà dell’oggetto o del supporto, diritto alla copia, copia privata, copia di sicurezza: una vera e propria giungla legale nella quale perdersi è facilissimo. Il tutto per rispondere a una domanda apparentemente semplice: quando compriamo un disco o un brano musicale su una piattaforma, cosa stiamo comprando davvero?

Il first print che hai sempre cercato.
L’edizione con quella copertina – e non con un’altra.
L’edizione con il package deluxe del tuo album preferito.

Qualunque collezionista di musica sa perfettamente di cosa stiamo parlando. Scorrere con le dita o con lo sguardo sui pezzi di una collezione messa insieme con una ricerca instancabile trasmette le sensazioni che solo un vero appassionato può conoscere.

Ma quanti collezionisti hanno una copia di back up di tutto quello che è stato possibile riversare dai supporti fisici all’hard disk?
Tutti. E se qualcuno non ha mai pensato di creare una copia digitale della musica che possiede, dovrebbe farlo, per diversi motivi di ordine pratico.

Copiare per non rovinare

Il primo è certamente l’usura e lo scorrere del tempo: i supporti fisici si logorano e può capitare che smettano di funzionare. Siete certi che la vostra collezione di CD sia in perfette condizioni perché non vi è mai venuto in mente di giocare a freesbee con un vinile? Ebbene,non dovreste esserlo: anche i supporti tenuti con maggiore cura possono smettere di funzionare, per ragioni insondabili o che non dipendono dalla nostra volontà.

Il secondo motivo è la possibilità di fruire della vostra musica preferita in modi e momenti differenti, ascoltando ad esempio il vinile nella magnificenza dell’impianto casalingo e poterne fruire anche in altri contesti, per esempio in auto, in viaggio o al lavoro.

Un commento alla nuova legge anti copia in UK (dal Web)
Un commento alla nuova legge anti copia in UK (dal Web)

Ok, non ci portiamo in auto l’edizione limitata del nostro disco preferito, ma una sua copia.

A questo punto però, evitando per una volta le solite riflessioni in merito alla perdita di qualità del suono al momento della traduzione in un formato digitale, occupiamoci del problema da un altro punto di vista: è legale?

Quando si acquista un prodotto originale e certificato siamo in diritto di produrne copie?
Assolutamente sì, a patto che tali copie siano destinate all’uso personale e non alla riproduzione in serie di quel particolare contenuto per illeciti fini commerciali.

Da questo punto di vista risulta particolarmente interessante e altrettanto complesso il caso di CD e DVD. Questi supporti contengono infatti delle vere e proprie misure di sicurezza che impediscono agli utenti di produrre copie di quanto è registrato sul disco.
Se è legale produrre copie per uso personale, è lecito allora adoperare mezzi borderline per superare tali misure di sicurezza? E soprattutto, è lecito che quelle misure di sicurezza siano implementate dalle case di produzione?

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La legge non ci aiuta (nemmeno questa volta)

La (fumosa) risposta a questi quesiti è contenuta nel decreto 68 dell’Aprile 2003 che riprende quanto stabilito dalla direttiva europea 2001/29 CE. In tale decreto si afferma che le case produttrici possono dotare i propri dischi di misure di sicurezza volte a impedirne la copia ma, d’altra parte, chiunque abbia acquistato un prodotto originale ha il diritto di produrne una copia di backup o per altro uso personale.
Per completezza di informazione: tutti i software finalizzati alla duplicazione di CD o DVD non possono, sempre per legge, essere in grado di violare le misure di sicurezza poste dalle aziende produttrici.

Quindi: le etichette possono proteggere i loro supporti e noi avremmo diritto a una copia di sicurezza, ma non la possiamo ottenere utilizzando strumenti che violino la protezione inserita dalle case produttrici. Il proverbiale serpente che si morde la coda.

Come ci si districa in questo pasticcio legale tipicamente italiano?

Stando a quanto afferma un legale del Codacons, piuttosto che violare i software presenti sui dischi acquistati si dovrebbe contattare direttamente la casa produttrice per richiedere una copia del prodotto acquistato. La casa produttrice è tenuta a fornirla, ma non è esattamente la maniera più pratica e diretta per esercitare un proprio diritto.
E allora, come ci si orienta in questo mare incomprensibile? Non ci si orienta, al punto che Paolo Attivissimo, uno dei principali e più precisi divulgatori digitali italiani, ha dedicato alla questione una monumentale pagina con quasi tutti i casi possibili e immaginabili.

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Incredibile. E incomprensibile.

Per brevità, possiamo riassumere il tutto in due punti:

Prima di tutto, con la copia prodotta non si devono produrre utili, poiché sarebbero utili illeciti. Copiare per rivendere è pirateria, un reato grave, che lede la situazione economica,sempre più complicata, degli artisti già affamati dalle ridicole percentuali di guadagno che ottengono sulla vendita dei propri dischi.

Inoltre, se il supporto (in particolare quello digitale) presenta sistemi di protezione, è possibile farne una copia “analogica”, qualsiasi cosa questo significhi: il principio è che non si può “forzare” direttamente la protezione con sistemi informatici, ma si può, per esempio, registrare l’audio con uno strumento esterno.

Troppo complicato? Mal comune mezzo gaudio allora, visto che siamo in buona compagnia: anche oltreoceano si stanno ancora interrogando su chi sia davvero il proprietario della musica, una volta acquistata.

 

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