Il jazz nacque tra gli africani che lavoravano nei campi di cotone e che costruivano le ferrovie destinate ad ampliare il dominio dei bianchi verso occidente.
Il jazz nacque fatto di sole voci, perché le mani nel frattempo battevano il ritmo del lavoro.
Soltanto in seguito entrarono gli strumenti musicali – soprattutto gli ottoni – nell’universo mutevole del jazz. Gli ottoni tengono una nota sola per volta, producendo quegli assoli melodici che sarebbero rimasti impressi a fuoco nella mente di milioni di ascoltatori e nelle dita di milioni di musicisti.
Il piano sarebbe venuto dopo, molto dopo, e non avrebbe fatto altro che ricalcare le melodie degli ottoni.
Eppure, nell’epoca della sua riproducibilità tecnica l’arte musicale aveva bisogno di essere registrata da persone dotate di un talento pari a quello dei musicisti.
Rudy Van Gelder era dotato di quel talento.
Van Gelder fu uno dei più eccelsi tecnici del suono del suo tempo. Aveva studiato da ottico, ma aveva un orecchio impareggiabile.
Cominciò a lavorare a livello amatoriale nel salotto della casa dei suoi genitori, dove era riuscito a costruire un mixer e con il tempo ad attrezzare un vero e proprio studio di registrazione.
L’uomo che costruì un suono
Nel salotto dei Van Gelder che divenne il “Van Gelder Sudio” passarono alcuni tra i più famosi jazzisti afroamericani del mondo.
Nel 1954 Thelonous Monk dedicò a quello studio casalingo un pezzo intitolato Hackensack, dal nome della cittadina del New Jersey da cui il suono di Rudy Van Gelder si sarebbe diffuso nel mondo intero.
Cinque anni dopo la registrazione di Monk, lo studio fu trasferito a Englewood Cliffs, in un ambiente tanto ampio da contenere una piccola orchestra, con il soffitto a volta e il pavimento di cemento: una cassa acustica perfetta. A Englewood Cliffs registrarono la loro musica coloro che avrebbero fatto la storia del jazz: Miles Davis con il suo quintetto, Sonny Rollins e, nel 1964, John Coltrane.
A Love Supreme fu un album leggendario, che Coltrane e Rudy Van Gelder registrarono in una lunghissima sessione in presa diretta che li impegnò dalle otto del mattino alla mezzanotte del 9 Dicembre 1954.
Il suono di quel long playing fu in grado di parlare all’anima dei milioni di persone che lo ascoltarono. Riuscì a comunicare il profondo cammino di redenzione attraverso la fede che aveva condotto John Coltrane fuori da un inferno di alcool e di eroina.
Il suono di A Love Supreme è il fondamento di una chiesa riconosciuta negli Stati Uniti in cui si dice messa, si accresce e si testimonia la propria devozione attraverso la pratica musicale.
Avrebbe potuto Saint John Coltrane trasmettere alle generazioni successive la sua promessa di redenzione veicolata dal jazz se Rudy Van Gelder non gli avesse messo a disposizione la sensibilità del suo orecchio e la sua perizia tecnica?
Durante un’intervista del 1985 con Rudy Van Gelder, il pianista e scrittore Ben Sidran affermò che il suono di alcuni musicisti risultava “più reale” ascoltando le registrazioni di Van Gelder che durante le loro esibizioni dal vivo nei club. Van Gelder annuì, sostenendo che un buon tecnico del suono è in grado di imprimere ad una registrazione la sua cifra stilistica esattamente come un fotografo da ad una semplice foto la forza formale di un’immagine degna di questo nome.
Fu esattamente quello che Van Gelder fece quando Coltrane e i suoi quattro musicisti improvvisarono la musica di A Love Supreme nello studio di Englewood Cliffs, che acquisì a quel punto un’aura mitica.
Rudy Van Gelder entra definitivamente nella storia
Rudy Van Gelder è morto lo scorso 25 Agosto, all’età di 91 anni.
Nell’ultimo periodo della sua vita si era impegnato nella rimasterizzazione in digitale a 24 bit dell’intero catalogo dell’etichetta musicale Blue Note,la prima per la quale avesse mai lavorato e alla quale aveva indissolubilmente legato il suo nome.
Ancora una volta, nel suo studio di Englewood Cliff stava traghettando il suono della musica jazz da una generazione all’altra, attraverso l’evoluzione tecnica della registrazione musicale.
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Formidabile studio della storia del Jazz. Brividi al pensiero di quanti straordinari e talentuosi jazzisti hanno varcato quella soglia. Mario Roma. Italy.