Vale ancora la pena di produrre musica? No secondo Roger Daltrey

C’è ancora un valido motivo per cui un musicista o un gruppo di musicisti dovrebbe continuare a produrre musica allo stato attuale dell’industria musicale? No, secondo Roger Daltrey, storico frontman degli Who.

Dalle pagine virtuali di Team Rock Daltrey ha infatti lanciato una decisa invettiva contro tutti coloro che auspicavano un ritorno della band in sala di incisione. Era stato lo storico chitarrista della band, Pete Townshend a proporre che la band desse un seguito all’album Endless Wire, che vide la luce nell’ormai lontano 2006 ma Daltrey sembra irremovibile.

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L’artista ha spiegato il proprio, disincantato punto di vista sulla situazione dell’industria discografica mondiale che, per quanto gli riguarda, non esiste più. “È stata derubata” ripete con una convinzione rabbiosa che non lascia molto spazio alla mediazione.

la Rete deruba gli artisti?

A derubare gli artisti dagli introiti derivati dalla pubblicazione e dalla vendita di album musicali secondo Daltrey, e secondo molti che la pensano come lui, è stata la Rete. Perché dovrei spendere del denaro per registrare un disco? si chiede il frontman degli Who. Non esistono più i diritti d’autore e nemmeno l’industria musicale. In che modo dovrei fare i soldi per registrare un disco? Io non lo so.

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Quando gli viene fatto notare che a livello teorico qualsiasi condivisione in streaming delle loro opere dovrebbe produrre del guadagno all’artista, il cantante sbotta. Non c’è controllo: i musicisti vengono derubati ogni giorno.

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Per quanto si possa essere solidali con gli artisti come Daltrey, che si sono guadagnati il successo e la fama attraverso la vendita dei propri dischi e che non riescono a farsi una ragione dei radicali mutamenti a cui l’industria discografica è andata incontro, bisogna anche avere uno sguardo oggettivo sull’altra faccia della medaglia.

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Anche se per Daltrey e per chi appartiene alla sua generazione è un’entità dal lento ma inesorabile potere distruttivo, la Rete è stata negli ultimi decenni il canale privilegiato grazie al quale artisti affermati e musicisti in cerca di visibilità sono riusciti a raggiungere un numero incalcolabile di fan. Di utenti, se vi piace di più, che poi diventano fan. E poi ancora, acquirenti.

Cogliere le opportunità

E se è vero quel che Daltrey sostiene, ovvero che non esistono più royalties, non esistono più gli introiti che una volta venivano assicurati dalla vendita dei dischi, dove dovrebbe trovare il proprio margine di guadagno un musicista al tempo della rete? È una domanda a cui si può dare soltanto una risposta complessa, soprattutto perché le regole e le strategie di condivisione della musica variano ad una velocità elevatissima.

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Quello che è certo è che alcuni artisti meglio di altri sono stati in grado di sfruttare nella maniera più produttiva possibile il favore della rete con eventi e filmati creati per essere diffusi attraverso il web e generare nei fan un’esperienza di coinvolgimento e di pubblicità spontanea quasi virale.

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Lo staff di Lidnsay Stirling si è dimostrato uno dei più attivi e capaci in questo senso di sfruttare le potenzialità del web. Esempio perfettamente calzante è il video registrato durante un flash mob a tema piratesco di grande spettacolarità, girato proprio con il fine di condividerlo su diverse piattaforme e che conta al momento oltre 34 milioni di visualizzazioni.

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Naturalmente il ritorno di introiti di una simile pubblicità si manifesta durante i tour: le esibizioni dal vivo sono il punto su cui assolutamente un artista deve investire per far fiorire la propria carriera godendo e non soffrendo delle infinite possibilità offerte dal web e dalla sua diffusione capillare soprattutto tra i più giovani.

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Cosa rispondere allora ai grandi vecchi della musica, che vedono le abitudini dell’epoca d’oro della discografia sgretolarsi sotto i propri occhi? Semplicemente che il mondo è cambiato, che la musica e l’arte cambiano con esso e che gli artisti devono stare al passo, o farsi da parte.

 

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