Qualcuno ascolti il Vinile: la parabola di uno status symbol

Vinile.
Nastro magnetico.
Compact Disk.
Mp3.
Streaming ad alta definizione.

Sono queste le tappe attraverso cui il progresso tecnologico ha traghettato la musica fino agli ascoltatori dell’era digitale.

Noi audiofili abbiamo in merito un’idea ben precisa: potremmo passare ore a spiegare – dettagliatamente – per quali motivi tecnici e spirituali la musica su vinile è più preziosa di quella che arriva in streaming direttamente in cuffia.

Il progresso però non si fermerà, quindi ogni audiofilo che si rispetti dovrà mettersi prima o dopo il cuore in pace e rassegnarsi al fatto che più nessuno compri più dischi in vinile… o forse no.

Il Vinile come status symbol

Una volta fu l’Eskimo, successivamente la Moleskine e i dolcevita di lana nera; poi vennero gli Ipod, le Reflex, le cuffie over ear (ma bluetooth), il caffè di Starbucks. Oggi è il vinile.

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Di tanto in tanto lo status symbol di una generazione di intellettuali cambia, generato dalla moda, dalla pubblicità, dal passaparola ma sempre e comunque dal bisogno di un certo gruppo di persone di crearsi una propria identità.

Oggi fa riflettere il fatto che dopo un lunghissimo giro il disco in vinile sia tornato a passare di mano in mano, a essere il prodotto di punta nel settore della musica venduta su supporti fisici.

E’ lecito rimanere un po’ sbigottiti nel constatare – dati alla mano – che la vendita di dischi in vinile nel 2016 ha raggiunto gli stessi livelli del 1985 e che il Compact Disk sia caduto quasi completamente nel dimenticatoio.

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Per la precisione,  la vendita di dischi in vinile in Italia l’anno passato ha fatto registrare uno stupefacente aumento del 73% rispetto al 2015. Gran parte dei dischi è stata venduta in piccoli negozi indipendenti, spesso presenti sul territorio da decenni, ma anche i grandi store  hanno cominciato a dedicare di nuovo ampio spazio a questo supporto.
Che genere si vende? Il Rock. Indissolubilmente legato al vinile, nell’immaginario collettivo, questo genere è più vitale che mai. I nomi e i titoli sono quelli che anche 40 anni fa erano al vertice delle classifiche: Pink Floyd e Led Zeppelin rimangono le pietre miliari della storia del rock e i loro titoli più famosi sono ancora all’apice della classifica delle vendite.

Dal piatto alla mensola: il Vinile giusto nel posto sbagliato

E’ quindi ufficiale: oggi si vende musica su vinile o musica in streaming. Non siete contenti, audiofili?

Se state pensando di stappare una bottiglia di quello buono, risparmiatevela. A quanto pare chi compra vinili non li ascolta.( o li ascolta molto male… ndr)

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Li mette in bella mostra nella libreria, li mette sul piatto forse una volta, poi viene completamente assorbito dalla caccia al trofeo successivo.

Su quali siano le origini di questa rinnovata passione per il vinile si potrebbero scrivere fiumi di inchiostro, ma i fattori scatenanti sono quelli che gli appassionati conoscono benissimo: il senso di possesso che è appagante, concreto, molto più reale del mettere un file su un hard disk; la bellezza estetica del packaging, che può trasformare un disco in una piccola, memorabile opera d’arte in grado di sopravvivere ai decenni e anzi, aumentando il proprio valore col passare degli anni.

Si possono comunque definire audiofili questi collezionisti dei giorni nostri? Beh forse non appieno, ma bisogna ammettere che abbiano già compiuto qualche passo nella direzione giusta. E dovranno avere in casa un impianto stereo di buona qualità, non fosse altro per coerenza.

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Sono in possesso quindi di tutti gli ingredienti giusti. Hanno solo bisogno di qualcuno che li inchiodi alle loro sedie per un’ora e che li costringa a utilizzare il vinile nell’unica maniera dignitosa: ascoltandolo. Abbiamo già parlato dell’intensità dell’esperienza uditiva di un audiofilo, potrebbe essere un buon argomento da intavolare in questa occasione.

La musica su vinile salverà quindi l’industria discografica per come la conoscevamo?

No. Il processo è irreversibile e la moda dell’acquisto compulsivo di dischi in vinile è molto probabilmente destinata a scemare come tutte quelle che l’hanno preceduta, ma se riuscissimo a portare dalla parte giusta anche solo una manciata di tutti quelli che vanno in pellegrinaggio nei negozi di musica con camicie a quadri,iPod, barba e risvoltini, avremo salvato il mondo dell’audiofilia (almeno per un po’).

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