Lo Zen e l’arte di progettare macchine da musica

Il Buddha, il Divino, dimora nel circuito di un calcolatore o negli ingranaggi del cambio di una moto con lo stesso agio che in cima a una montagna o nei petali di un fiore.

(Robert M. Pirsig, Lo Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta)

In molti si sono chiesti se per descrivere l’universo siano necessarie complesse equazioni o se al l’inizio del tutto esista un’unica semplice legge. Forse per l’inadeguatezza degli strumenti, del linguaggio o dell’intelletto umano finora le teorie proposte si rincorrono e si superano le une con le altre per complessità e incomprensibilità. Forse la causa di questa Babele è che stiamo guardando nella direzione sbagliata e cerchiamo di descrivere e misurare quello che non è. Forse quello che stiamo cercando non è quello che davvero dovremmo cercare.

Mi è sempre parso di scorgere lo stesso tipo di contraddizione nel nostro piccolissimo universo dell’alta fedeltà.

Se prendiamo in considerazione la fascia alta, quella che verosimilmente dovrebbe essere quella tecnologicamente più avanzata Il panorama degli apparecchi cosiddetti Hi-Fi (ancor più se costosi) è sempre più popolato di mostri la cui complessità va aumentando progressivamente. I motivi di questa tendenza risiedono tipicamente nella ricerca di prestazioni elettriche sempre più spinte: Alte potenze,distorsioni infinitesimali, enormi correnti, Slew Rate astronomici. Per il momento non entriamo nel merito circa l’effettiva importanza di questi numeri.

Questa però pare essere diventata l’Hi-Fi.

E allora? E allora diamo a Cesare ciò che è di Cesare e lasciamo l’Hi-Fi a chi la vuole.

E noi ci prendiamo la No-Fi. Cioè tutto il contrario: ricerca pura per re-imparare come si debba riprodurre la musica.

Vi faccio un esempio, e si tratta di un esempio non da prendere alla lettera, ma da cui trarre una morale.

Sappiamo tutti che un violino Stradivari ha un suono particolare, stando a ciò che suggerisce l’Hi-Fi, grazie all’avanzatissima tecnologia possiamo misurare questo suono, campionarlo, analizzarlo, poi possiamo analizzare il violino stesso, magari con una TAC, analizzarne i modi di vibrazione con un interferometro a luce coerente, pesarlo, analizzarne chimicamente il legno, la vernice… Molte di queste cose sono state fatte davvero.

Il risultato?

Nessuno: non siamo in grado di riprodurre lo Stradivari.

Qualcosa ci è sfuggito.

E c’è di più: Antonio Stradivari non aveva nessuna delle risorse tecnologiche odierne.

Antonio Stradivari sapeva costruire violini.

Certamente sapeva anche accordarli correttamente e sapeva usare seghe e utensili da liutaio correttamente, conosceva le colle e le vernici, ma questo lo sapevano fare anche gli altri suoi colleghi.

Costruire macchina da musica non prescinde dal conoscere l’Elettronica e il suo uso corretto, ma per andare oltre bisogna conoscere qualcosa di più.

Un amplificatore è un amplificatore, un altoparlante è un altoparlante,  in ogni caso. Ma se riesce a ri-produrre un suono senza perderne l’anima sarà anche qualcosa di più: sarà lo strumento per rivivere l’emozione della musica.

Altrimenti è solo Hi-Fi.

E basta.

Namasté.

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