L’antenata della musica elettronica, direttamente dal laboratorio di Alan Turing

Due studiosi neozelandesi hanno ricostruito la musica prodotta da uno dei primi computer, il Mark II di Alan Turing, restaurando una registrazione della BBC.

Chi ritiene che la musica elettronica sia una faccenda troppo recente per dar lavoro agli archeologi, cambi idea.
E’ dello scorso Settembre la notizia che due studiosi neozelandesi, Jack Copeland e Jason Long, abbiano deciso di lavorare su un reperto che costituisce a tutti gli effetti la preistoria della musica elettronica.

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Si tratta di un disco in acetato del diametro di 30 centimetri su cui, nel 1951, una troupe della BBC incise il suono del primo computer programmato non per eseguire operazioni di calcolo ma per produrre musica.

Correva l’anno 1951

Il computer in questione si chiamava Mark I e all’ epoca rappresentava uno strumento avanzatissimo, derivato dallo sviluppo di quella tecnologia bellica con la quale i crittologi alleati erano riusciti a forzare il codice Enigma che permetteva le comunicazioni segrete tra le potenze dell’Asse Roma – Tokio – Berlino.
Principale sviluppatore del computer Mark fu Alan Turing, il matematico, logico e filosofo che riuscì per primo nella decrittazione di Enigma. La registrazione effettuata dalla BBC, in effetti, avvenne nel suo laboratorio.

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Turing, bisogna dirlo, non era affatto interessato alla composizione musicale attraverso la strumentazione elettronica. Si era limitato a mettere a punto un sistema estremamente ingegnoso che consentiva al suo computer di emettere dei segnali sonori a intervalli regolari e in concomitanza con l’esecuzione e il termine di alcune operazioni: in questo modo Turing aveva creato una sorta di linguaggio acustico attraverso il quale il Mark I comunicava con il suo costruttore.

Strachey e la prima composizione di musica elettronica

Turing aveva scritto un manuale di programmazione informatica, il primo testo di questo genere che la storia abbia mai conosciuto: si chiamava “Programmers’ Handbook of Manchester Electronic Computer Mark II”.

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Il giovane insegnante di scuola nonché appassionato pianista, Christopher Strachey, lesse quel manuale e ne rimase affascinato. Ritenne di poter scrivere un codice lunghissimo, il più lungo mai composto, affinché il Mark II (che nel frattempo aveva sostituito il prototipo) producesse i suoni di “controllo” in maniera da eseguire un brano musicale, come un carillon mostruosamente complesso.
Strachey si presentò a Manchester, nel laboratorio di Turing, con un’enorme mole di codice e una gran faccia tosta. Riconoscendo l’abilità e le straordinarie capacità del giovane insegnante, Turing lo accompagnò fino alla sala di controllo del Mark II e gli spiegò, alla sua maniera stringata ed efficace, il funzionamento di base del computer, quindi se ne andò.
Strachey rimase a programmare “davanti a quattro cinque file di venti interruttori” per tutta la notte, immettendo il suo codice in una macchina gigantesca.
Il mattino seguente il Mark II produsse un’esecuzione legnosa ma sicuramente apprezzabile dell’inno nazionale.
Con l’aplomb tutto britannico che era la sua cifra stilistica, Turing affermò: “Good show.”

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Quelle due parole cambiarono la vita di Strachey, che poche settimane dopo entrò a far parte dell’organico di studiosi e di tecnici di quello stesso laboratorio.

La testimonianza della British Broadcasting Corporation

Passati alcuni mesi, la BBC volle registrare quello stesso brano e altri che probabilmente furono programmati da emuli di Strachey. E’ piuttosto divertente che dopo l’inno nazionale fu programmata la filastrocca infantile “Baa Baa Black Sheep” e ancora dopo “In the Mood”, un famoso brano di Glenn Miller.

La domanda a cui Copeland e Long hanno deciso di rispondere quando si sono trovati in mano quell’importantissimo reperto di acetato è stata: era davvero questo il suono prodotto dal Mark II ?

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La risposta a cui sono giunti è: no.
Studiando il manuale di programmazione scritto dallo stesso Turing, Copeland e Long hanno potuto risalire a tutti i suoni che effettivamente il Mark II poteva produrre e, confrontandoli con le frequenze dei suoni registrati sul disco, si sono resi conto di pesanti discrepanze. L’effetto delle variazioni di frequenza era così invasivo da alterare il suono fino a renderlo irriconoscibile.
Gli studi hanno dimostrato che è stata l’errata velocità a cui è stata effettuata l’incisione del disco di acetato ad aver creato il problema, un difetto riscontrato in molte apparecchiature portatili da registrazione utilizzate al tempo dalla BBC.
Utilizzando software di correzione la velocità di riproduzione è stata normalizzata, e i rumori di fondo sono stati eliminati, facendoci ascoltare per la prima volta…

il vero suono del computer di Turing.

 

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